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Anna Curti
Biassoni

 
Marcello Bernardi
IL RESPIRO DEL CORPO
Dal primo vagito all'ultimo rantolo: il respiro segna gli inconsapevoli confini del mio esistere.
continua...

 

 

 

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12. PAOLO GUZZANTI (1998)

Quando ero ragazzino, otto o nove anni, mi successe un fatto terribile e importante: un altro ragazzino mi spinse giù da un muretto e caddi battendo il petto. Il colpo paralizzò i muscoli che aprono e chiudono il torace e così per la prima volta in vita mia scoprii che non soltanto potevo, ma dovevo respirare. Ed ero paralizzato: chiamavo i miei muscoli a fare il loro mestiere e quelli niente.

Così pensai che da un momento all'altro sarei morto. E guardai il mondo che mi sembrava formato, da terra, prevalentemente da chiome di albero. Poi non morii, perché qualcosa riprese a funzionare, e quella fu la sensazione più grandiosa: il ritorno della vita attraverso il respiro.

Poi un anno dopo, prima di imparare a nuotare, ebbi in regalo una delle prime maschere subacquee di grossa gomma nera, canna di rame, galleggiante di sughero. Mi immersi e scoprii che potevo viaggiare sotto la superficie dell'acqua respirando. Poi imparai che potevo immergermi trattenendo il respiro e pescare i pesci di scoglio tuffandomi con un tovagliolo di cui trattenevo due angoli fra i denti, e con il lato aperto risalivo drenando la roccia. Io e il mio respiro facemmo un patto: avrei cercato di allargare i miei polmoni e di fare entrare più aria. In cambio sarei potuto scendere a più di dieci metri, in apnea, e senza pinne. Le mie estati consistevano nel trattenere il respiro e recuperare il respiro, diventare pesce e tornare uomo.
Molti anni dopo conobbi la ragazza che in un ospedale di Genova viveva den-tro un polmone meccanico d'acciaio che compiva per lei la respirazione. Era una donna famosa e generosa, che da quel tubo in cui viveva a causa di un lontano incidente, seguiva le vicende di tutti i malati più gravi, confortava i parenti e si innamorava, leggeva e scriveva libri dettandoli e sopravviveva grazie alla macchina che respirava per lei.
Poi, dopo altri anni, mi sono ammalato. Allergie, bronchiti, uno sbarco in abiti leggeri a luglio a Sydney dove invece era inverno gelido, asma, un disastro. Di nuovo dovevo venire a patti con il mio respiro che adesso si faceva sentire e si fa sentire con un suono di canna d'organo. E il patto è quello di sempre: prestare attenzione, suonare come una cornamusa durante le notti peggiori, e però godere di questa percezione interna del respiro. Il respiro è come il battito del cuore: te ne accorgi soltanto se un piccolo disturbo ti chiama. E alla fine è piacevole: il mio respiro è l'immersione in mari profondi, il sonno, la corsa, l'amore, la malattia, la tosse, l'asma, l'odore delle stagioni.

PAOLO GUZZANTI

 
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